Newman e Jennings in “Città ecosistemi sostenibili” sostengono che lo “Slow Traffic” “sfida ogni fibra dell’addestramento di un ingegnere trasportista” che ha, notoriamente, un approccio disciplinare verso la velocità del traffico e l’incremento delle capacità stradali.
Nelle Slow Cities si allargano i marciapiedi, si prevedono piste ciclabili nelle sezioni stradali, alcune corsie per auto vengono sostituite da quelle per i mezzi di trasporto pubblico, vengono demoliti o declassati gli assi di scorrimento veloce ed addirittura si rimuove la segnaletica stradale con il vantaggio di una migliore estetica paesaggistica e la riduzione delle velocità di attraversamento dei centri urbani. Lo slow Traffic (ampiamente sperimentato in Germania) prevede, inoltre, l’uso di pavimentazioni urbane corrugate, l’adozione di “snaked streets” e l’eliminazione di: semafori, stops, parchimetri, restrizioni alla sosta, segnaletica colorata per guida del traffico, insomma un approccio diametralmente opposto a quello dell’ingegneria trasportistica tradizionale italiana. In ordine alla presunta sostenibilità dovuta alla sempre maggiore efficienza energetica del parco veicolare, secondo il Paradosso di Jevons, l’uso di mezzi sempre meno inquinanti ed efficienti porta ad un aumento dell’uso dei derivati del petrolio: l’industria automobilistica oggi è capace di produrre auto che consumano meno benzina e con un minor costo e dunque si determina un maggior uso dei veicoli….
(Citysmile blog, pubblicato da Carlo Gervasini, 14 Dicembre 2012).
In the Slow Cities there are wider sidewalks, bike paths are planned in road sections, some lanes for cars are replaced by public transport, the urban highways are scrapped or downgraded and even the road signs are removed with the advantage of a better aesthetic landscape and the reduction of the crossing speed in the urban centers.
The Slow Traffic (widely tested in Germany) also provides for the use of urban corrugated flooring, the adoption of "snaked Streets" and the elimination of traffic lights, stops, parkings, colored signs to guide traffic, in short, an approach diametrically opposed to the traditional Italian engineering transport systems.
The Jevons’s paradox says that the use of vehicles that are less polluting and more efficient leads to an increase in the use of petroleum products: the automotive industry today is capable to produce cars that consume less fuel and with less costs, and therefore it results in a greater use of vehicles….
(Citysmile blog, published by Carlo Gervasini, December 14, 2012).
Newman and Jennings in "Cities as sustainable ecosystems" claim that the "Slow Traffic" "challenges every fiber of the training of an engineer of transports" which has a disciplinary approach to the traffic speed and road capacity increasing.
Nelle Slow Cities si allargano i marciapiedi, si prevedono piste ciclabili nelle sezioni stradali, alcune corsie per auto vengono sostituite da quelle per i mezzi di trasporto pubblico, vengono demoliti o declassati gli assi di scorrimento veloce ed addirittura si rimuove la segnaletica stradale con il vantaggio di una migliore estetica paesaggistica e la riduzione delle velocità di attraversamento dei centri urbani. Lo slow Traffic (ampiamente sperimentato in Germania) prevede, inoltre, l’uso di pavimentazioni urbane corrugate, l’adozione di “snaked streets” e l’eliminazione di: semafori, stops, parchimetri, restrizioni alla sosta, segnaletica colorata per guida del traffico, insomma un approccio diametralmente opposto a quello dell’ingegneria trasportistica tradizionale italiana. In ordine alla presunta sostenibilità dovuta alla sempre maggiore efficienza energetica del parco veicolare, secondo il Paradosso di Jevons, l’uso di mezzi sempre meno inquinanti ed efficienti porta ad un aumento dell’uso dei derivati del petrolio: l’industria automobilistica oggi è capace di produrre auto che consumano meno benzina e con un minor costo e dunque si determina un maggior uso dei veicoli….
(Citysmile blog, pubblicato da Carlo Gervasini, 14 Dicembre 2012).
In the Slow Cities there are wider sidewalks, bike paths are planned in road sections, some lanes for cars are replaced by public transport, the urban highways are scrapped or downgraded and even the road signs are removed with the advantage of a better aesthetic landscape and the reduction of the crossing speed in the urban centers.
The Slow Traffic (widely tested in Germany) also provides for the use of urban corrugated flooring, the adoption of "snaked Streets" and the elimination of traffic lights, stops, parkings, colored signs to guide traffic, in short, an approach diametrically opposed to the traditional Italian engineering transport systems.
The Jevons’s paradox says that the use of vehicles that are less polluting and more efficient leads to an increase in the use of petroleum products: the automotive industry today is capable to produce cars that consume less fuel and with less costs, and therefore it results in a greater use of vehicles….
(Citysmile blog, published by Carlo Gervasini, December 14, 2012).
Mi piace l'idea delle slow cities, mi piacerebbe poterla vivere, l'unico problema è che necessita di una cultura generale che la sostenga e ne rispetti le regole, cultura generale che a volte non sostiene nemmeno il nostro tipo di organizzazione trasportistica all'interno della città...
RispondiEliminaE' vero, mi consola il fatto che nei paesi europei piu' civili questo modello viene accettato e vissuto positivamente.
RispondiEliminaL'aumento della circolazione di mezzi pubblici e l'ampliamento di una rete viabilistica ciclabile è sicuramente un'ottimo modo per limitare l'inquinamento ambientale conseguente al continuo uso delle automobili negli ultimi decenni. In realtà esistono altri modi per ridurre l'inquinamento: ad esempio la colza, tipica piantagione lombarda, è un ottimo biocombustibile che non inquina e i suoi fiori aiutano a rigenerare il terreno e "ripulirlo" da tossine e elementi radioattivi. Tante sono le alternative dei carburanti rinnovibili/non inquinanti, e se tutti quanti alimentassimo i nostri mezzi con essi (compresi quelli pubblici) probabilmente il Paradosso di Jevons non si verrebbe a creare.
RispondiEliminaMolto spesso è difficile abbandonare le abitudini consolidate, anche se sbagliate, è ancora più difficile se queste ci permettono di “non fare fatica”, sto pensando all’uso dell’automobile per esempio. Dovremmo sforzarci a pensare a come le nostre scelte influiscano sul nostro modo di vivere: la vita di tutti i giorni è troppo frenetica, nel momento in cui svolgiamo un’azione pensiamo a ciò che dobbiamo fare dopo; dovremmo rallentare e relazionarci alla vita di tutti i giorni dando più importanza a come facciamo le cose e non a quante ne facciamo. Meno relazioni ma più sincere.
RispondiEliminaFa piacere leggere di realtà di questo tipo, che pensavo essere solo nella mia testa fino a questo momento. Ad ogni modo a questo punto vi viene spontaneo fare delle domande che ho sempre rivolto a me stesso pensando a quelle che lei chiama Slow Cities: in che modo può essere compatibile una città di questo tipo in una società, come la moderna, in cui è necessario spostarsi nel modo più pratico e veloce, possibilmente con un mezzo parcheggiato nel garage di casa nostra, e che ci lasci sotto l'ufficio? Probabilmente solo cambiando l'indirizzo economico che abbiamo dato alla nostra vita, e mi chiedo quanto sia possibile. La sensibilizzazione è fondamentale, ma può davvero portare ad esiti quali la rimozione dei cartelli stradali? forse sono realtà che vedo ancora molto lontane dall'Italia! Allontanandomi un po' dal discorso Slow Cities (che sembrano molto più apparire come città dai grandi spazi aperti), sono rimasto entusiasmato dalla città sviluppata in altezza da Ludwig Hilberseimer che (solamente in via teorica) illustra una città molto densa, eccessivamente tecnologizzata forse, e altamente edificata ma che sicuramente aveva scopo simile alle Slow Cities tedesche, e ad essere sincero, mi sono trovato a progettare mentalmente soluzioni affini, sperando di avere un giorno la possibilità di attuare almeno parte di queste mie fantasticherie
RispondiEliminaHo potuto apprezzare il fenomeno chiamato "slow traffic" in numerose città del nord Europa. Questo modo di muoversi e di spostarsi da un luogo all'altro della città deve essere introdotto, come lentamente sta avvenendo in alcune zone, anche in Italia, ma quello che manca è la cultura alla base. Sono convinta che se le città fossero strutturate in modo da favorire veramente l'uso di questo servizio, con parcheggi perimetrali a basso costo e un'organizzazione efficiente dei mezzi interni, allora i cittadini sarebbero più propensi a usarla. Spero di vedere presto il momento in cui i mezzi pubblici non saranno più generalmente considerati di serie B, per colpa dei pochi fondi investiti per il loro miglioramento e per colpa della maleducazione di chi li frequenta.
RispondiEliminaMi voglio associare ai commenti dei miei colleghi studenti dal momento che ritengo abbiano perfettamente ragione; la "slow city" in Italia sembra purtroppo non essere ancora un modello praticabile per svariate motivazioni: non solo le città non hanno ancora una struttura adeguata (o almeno non sempre) a preferire la mobilità dolce a quella su gomma ma i ritmi di vita frenetici e spesso la pigrizia/comodità dei pendolari inducono a spostarsi con mezzi propri invece di utilizzare quelli pubblici. Uno stimolo a cambiare queste comode ma dannose abitudini può venire sia da una semplice campagna di sensibilizzazione (forse addirittura partendo dai bambini) sia agevolando il trasporto pubblico con spese accessibili e servizi migliori e meglio distribuiti. Proviamo solo ad immaginare Milano servita da una metropolitana come la tube di Londra!
RispondiEliminaSarebbe magnifico poter vivere una slow italian city: immaginiamoci le bellezze, la ricchezza storico-culturale che permea le nostre città, vivibile in modo ecosostenibile ma soprattutto vivibile perchè pensata su misura dell'uomo, del cittadino, dell'utente primario della città. Gli ostacoli non sono certo pochi, anzi, a partire da una bassa o quasi assente coscienza collettiva, che mi duole dire, spazia in tutte le fasce generazionali; ad un approccio progettuale e concettuale della viabilità ormai obsoleto (mi riferisco a ciò che succede in Italia) e ad una poca sensibilità al trasporto dolce o "slow" (forse perchè ancora troppo soggetto al ritmo frenetico della vita moderna). La mia opinione è che una volta risolti questi problemi, potremo davvero pensare di avere delle città adatte ad essere vissute, non solo usate.
RispondiEliminaQuesto progetto sarebbe molto interessante sopratutto se usato su scala mondiale permetterebbe di vivere a pieno le città. Purtroppo a mio avviso è molto difficile attuare questo tipo di scelta, questo a causa delle abitudini e delle comodità oramai diffuse e consolidate delle società; società che non adottano queste tipologie di scelte anche a causa della scarsa conoscenza reale dei pericoli che incombono a causa dell' inquinamento e del modo di vivere del primo mondo.
RispondiEliminaMa questo è solo uno degli ostacoli, a mio avviso dovrebbero esserci anche più mezzi pubblici (sopratutto la sera), magari ad un costo minore in modo da incentivare al massimo all' uso di questi, pensiamo che oggi in molti casi risulta più comodo ed economico viaggiare con un proprio mezzo.
Perchè quindi non chiudere da SUBITO le città a tutti i mezzi privati e obbligare cosi di fatto i cittadini ad un utilizzo dei mezzi di trasporto pubblici ??
La Slow City a mio parere potrebbe dimostrarsi un modello valido e interessante, sia per le sue dirette conseguenze: maggiore vivibilità, meno smog e inquinamento acustico nelle strade cittadine; sia per le sue conseguenze “a lungo termine”.
RispondiEliminaCredo infatti che questo progetto possa risultare educativo, ho ancora un po' di fiducia nella nostra società, e credo che dopo un inizio magari difficile, la slow city possa invece guidarci ad uno stile di vita un po' diverso, basato sull'organizzazione, sul rispetto stradale e, ancora più importante, sul rispetto reciproco.